Il mondo degli smart worker, dei lavoratori che collaborano a distanza, oggi si è popolato enormemente. Complici le restrizioni imposte dalla normativa italiana e internazionale per contrastare la diffusione del Covid-19, moltissime aziende si sono trovate alle prese con la gestione dei dipendenti da remoto. Tra le criticità che hanno dovuto affrontare, oltre agli aspetti di natura organizzativa, un grande impatto hanno avuto, e stanno avendo, quelle legate all’accesso ai dati aziendali in totale sicurezza. Criticità risolvibili se affrontate tenendo conto dei due fattori “nevralgici” sui quali bisogna investire, affinché il passaggio da worker a smart worker sia positivo per azienda e dipendente: la tecnologia e i comportamenti personali. Sulla prima è bene sottolineare che un percorso in direzione del lavoro “agile” richiede una governance complessiva, a monte e a valle, di tutti i processi e delle tecnologie relative; sui secondi, è opportuno che la formazione delle risorse umane sia ispirata sempre di più al lifelong learning.
Smart worker, accesso dati da remoto e governance
Per lo smart worker l’apprendimento permanente, quando svolge i propri compiti da casa o da altro luogo diverso dall’ufficio, deve essere associato alla disponibilità di risorse IT resilienti. La governance a cui si accennava sopra investe, infatti, tutta la dotazione hardware e software coinvolta: dall’infrastruttura fino agli endpoint device. Ciò significa, per esempio, che l’azienda deve possedere una chiara visione della policy da adottare rispetto ai dispositivi con cui all’utente è permesso accedere ai dati. Soprattutto in caso di pratiche BYOD (Bring Your Own Device), con cui è concesso l’impiego di smartphone, tablet e PC personali a scopi professionali, va ricordato che questa circostanza non solleva il datore di lavoro da regole di compliance come quelle derivanti dal GDPR. Anzi, ne complica l’attuazione, visto che una violazione in materia di privacy, fatta anche incautamente dal dipendente, chiama l’azienda a risponderne. Senza contare che la perdita di dati o la loro compromissione sono di per sé un’eventualità da scongiurare, a prescindere dalle sanzioni previste dal GDPR.
Non solo accesso ai dati da remoto: BYOD e applicazioni
Per ovviare ai potenziali problemi suscitati dal BYOD, esistono modalità alternative per mettere a disposizione dello smart worker i device necessari ad assolvere ai suoi compiti. Modalità come il CYOD (Choose Your Own Device) o come il COPE (Corporate Owned, Personal Use): nel primo caso, la scelta dei dispositivi “ammessi” è concordata tra azienda e dipendente; nel secondo, è l’azienda stessa a dare i device, consentendone un uso anche personale seppure controllato. Specialmente oggi, il ricorso crescente al noleggio operativo come metodo diffuso per usufruire delle tecnologie rende conveniente il COPE, poiché non obbliga le imprese all’immobilizzo di capitali con l’acquisto di notebook, cellulari, tablet e auricolari. Tuttavia, non basta assicurarsi che lo smart worker abbia dispositivi che rispettino determinati standard e che ricevano aggiornamenti e patch automatici, se non si predispone una rete VPN affidabile e non si inibisce l’utente dallo scaricare software potenzialmente dannoso. Per questo lo smart working abbraccia anche la gestione del parco applicativo.
Dopo l’accesso ai dati, collaborazione da remoto
Riguardo al parco applicativo, una delle circostanze a cui si è assistito nell’ultimo periodo è stato l’utilizzo improvvisato di software di collaboration spesso vulnerabili ad attacchi e violazioni. Trovandosi di fronte all’emergenza, si è lasciato che gli smart worker scegliessero arbitrariamente le piattaforme con cui comunicare e con le quali scambiare informazioni. Al contrario, una governance dei processi di lavoro da remoto deve operare una selezione rigorosa sia dei device (Apple, per esempio, vanta delle ottime caratteristiche di resistenza ai cyber attack) sia dei sistemi di Unified Communication & Collaboration (UCC) che garantiscano maggiore stabilità e livelli di minore vulnerabilità. La suite Webex di Cisco rientra fra questi sistemi, anche in base al giudizio autorevole di Gartner che la colloca, insieme a Microsoft, tra le soluzioni UCC leader di mercato nel 2019. Le organizzazioni che, prima dell’epidemia, avevano già in casa Webex sono state tra quelle che hanno potuto affrontare con più serenità la trasformazione dei propri lavoratori in smart worker.
Scritto da Alessio Silvi – Chief Technology Officer
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