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Digital collaboration, come implementarla al meglio?

La Digital Collaboration è la nuova frontiera della collaborazione a cui si stanno uniformando negli ultimi anni le organizzazioni. Complici fenomeni come le recenti restrizioni alla mobilità che in tutto il mondo i Governi stanno imponendo per contrastare la diffusione tra le popolazioni del Covid-19, la Digital Collaboration sta riscuotendo un crescente interesse quale metodo alternativo di partecipazione al lavoro dei rappresentanti di un medesimo team o, in maniera cross-funzionale, degli esponenti di team multifunzionali. Soprattutto in questa seconda evenienza, il contributo della Digital Collaboration sta diventando determinante in termini di efficacia e di risultati. Il motivo risiede nel fatto che la dimensione digitale della collaborazione abbatte i vincoli fisici di spazio che di solito si considerano invalicabili nel portare avanti un progetto o nel conseguire un obiettivo comune, trasformando la mancata prossimità in una risorsa in più. Se prima, dunque, bisognava riunirsi più volte per verificare, ad esempio, uno stato avanzamento lavori e ciò richiedeva il ritrovarsi dentro sale meeting condivise, oggi tutto questo non è più necessario.


Digital Collaboration, non è solo una questione di sale riunioni

Con la Digital Collaboration, le sale riunioni aziendali adibite agli incontri di lavoro non scompaiono, ma svolgono una nuova funzione, con una estensione illimitata, verso l’interno e verso l’esterno, che prima non avevano. E questo vale anche per il coinvolgimento di team multifunzionali. Infatti, la consueta divisione dipartimentale in Finance, Operations, Marketing, Risorse Umane ecc., oltre che riguardare le relative competenze e responsabilità, interessa anche le business application dedicate alle rispettive funzioni o a processi diversi (ERP, CRM, OMS, ITSM ecc.). Ciò significa che alcuni documenti afferiscono a un’area aziendale e non a un’altra e, inoltre, che esiste una gerarchia nell’attingere a determinati critical data con criteri di accessibilità eterogenei. Il primo ostacolo, perciò, all’implementazione di una Digital Collaboration fluida ed efficace fra team multifunzionali è la frammentazione della base dati. Un ostacolo al quale solo parzialmente rispondono le tecnologie di Unified Communication & Collaboration (UCC), che vanno adottate per qualsiasi Digital Collaboration che si rispetti.


Perché le tecnologie UCC non bastano a creare la Digital Collaboration

Tecnologie di UCC e Digital Collaboration, purtroppo, non sono sinonimi. Sebbene i sistemi UCC consentano di dialogare, in chat o in video conference, e contemporaneamente di mostrare e scambiare documenti a prescindere dai luoghi in cui sono dislocati i partecipanti alla riunione, tutto questo non basta. La possibilità di condividere informazioni a livello trasversale, infatti, non deve compromettere le prerogative dei singoli membri di ciascun team. Tali prerogative si esercitano nel poter usufruire di una base dati la cui consultazione, nonché eventuale modifica, va segmentata tenendo conto della carica ricoperta in azienda e dell’appartenenza al team. Per questo i tool UCC oggi offerti da alcuni big vendor, spesso in abbinata ad altre suite o software di produttività, non sono sufficienti ad abilitare una Digital Collaboration fra team multifunzionali. Occorre, infatti, una dorsale informativa unica che integri ambienti applicativi differenti, mettendo in condizione ogni profilo dei vari team di selezionare i propri file di interesse. Il che è fattibile prevedendo livelli di permessi differenziati per utente o gruppi di utenti.


Abilitare la collaboration multifunzionale con una piattaforma informativa

Poiché la mobilità è una caratteristica distintiva della Digital Collaboration, sarebbe un’arma spuntata se da remoto non fosse possibile raggiungere la stessa documentazione a cui si ha accesso dalla scrivania del proprio ufficio. Tanto più che talvolta questa documentazione potrebbe avere valore legale come nel caso, ad esempio, del libro firma. Una piattaforma di Digital Collaboration, invece, rende immediato, per un procuratore che si trova a chilometri di distanza dalla sede centrale, la sottoscrizione di qualsiasi documento mediante il proprio tablet. Così come la medesima piattaforma, fungendo da hub intra-funzionale, permette di creare un knowledge sharing repository sganciato dai criteri di accesso che soggiacciono ai team di pertinenza e che in genere seguono la logica delle classiche business application dipartimentali. Soltanto chi ha i permessi assegnati potrà così consultare o correggere i file custoditi nel repository, con una celerità di intervento e una ottimizzazione dei processi che nessun altro modello di collaborazione, seppure in presenza, può garantire.

Scritto da Andrea Gaspari – Delivery Director icons8-colore-50

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